C’è stato un periodo in cui essere sociale era un’esigenza, una necessità.
Uscivo di casa appena fatto pranzo e mi piantavo alla pista di pattinaggio nel mezzo della profonda notte del primo pomeriggio maceratese. L’olfatto cerebrale lanciava i miei pensieri per centinaia di chilometri di piste di possibilità. Intanto che aspettavo qualcuno.
Entusiasmo, nel freddo degli inverni che non facevano alcuna paura.
Comunicare è bello, specie per chi ama la propria voce. A volte penso che ululare alla luna sia più gratificante rispetto allo spiegare per quale motivo sia importante la diagonale difensiva oppure come si calcola il letame di scorta di una stalla.
Ululare alla luna senza altro motivo dell’esprimersi.
Cavo fuori da me segni e aggiungo qualche colore, da qualunque me.
Per te.
Sulla panchina della pista di pattinaggio, protetto dai pini e dal vento che viene a giocare. In un livello segreto del metaverso. Nella scia di nubi d’alta quota di Nettuno.
Con la stessa esigenza di spremere fuori giaggioli dai bei vividi fiori. Da qualunque me.
Per qualunque te.